/ Bocciatura definitiva per la strumentalità delle auto a uso ufficio

Pubblicato il 24 Ottobre 2017 in News

Con la recente ordinanza n. 23362/2017 la Corte di Cassazione pare mettere la parola fine alla vicenda delle autovetture immatricolate a uso ufficio, possibilità che molti contribuenti hanno esplorato in anni passati per “guadagnare” la piena strumentalità del veicolo, con conseguente integrale deducibilità dei costi e piena detraibilità dell’Iva. L’elemento decisivo che viene preso in considerazione dalla pronuncia per negare la strumentalità dell’autovettura è la rimovibilità del kit che viene installato dagli allestitori per assegnare all’autovettura le caratteristiche del cosiddetto “uso ufficio”. È quindi l’elemento della “permanenza” delle speciali attrezzature posizionate nel veicolo che appare decisivo per qualificarne la particolare natura, a nulla rilevando la buona fede dell’acquirente che aveva fatto legittimo affidamento sull’annotazione evidenziata nella carta di circolazione.

Ma vediamo in cosa consiste questa opportunità, che ad oggi pare negata dalla Suprema Corte, che in tale ultima pronuncia pare addirittura sconfessare l’operato degli Uffici della motorizzazione civile che hanno agito in conformità a quanto previsto dal Codice della strada.

L’articolo 203, comma 2, del Regolamento di esecuzione del Codice della strada, elenca, in relazione alle speciali attrezzature di cui sono muniti, i diversi tipi di autoveicoli da immatricolare come autoveicoli per uso speciale e, fra questi, alla lettera ee), indica gli “autoveicoli per uso ufficio“.

Sul tema è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 179/E/2001 al fine di fornire le seguenti importanti indicazioni:

  • la destinazione del mezzo avviene alla data dell’omologazione come “autoveicolo per uso speciale“, poiché è solo da tale momento che il veicolo può essere utilizzato a finalità produttive;
  • occorre che l’autovettura sia utilizzata conformemente alla destinazione risultante dall’omologazione come “autoveicolo per uso ufficio” e, quindi, nella concreta realtà produttiva, per soddisfare esigenze aziendali di avere uffici amministrativi mobili, come tali suscettibili di essere spostati, per esempio, in occasione di mostre, fiere o manifestazioni commerciali promozionali in genere;
  • nel caso in cui il veicolo è utilizzato per soddisfare esigenze diverse da quella sopraindicata, per esempio, per spostare beni o persone, come semplice mezzo di trasporto, seppure nell’ambito dell’attività produttiva dell’impresa, il veicolo è utilizzato per un uso diverso rispetto all’uso ufficio per il quale è stato omologato e, pertanto, non si potrà procedere alla detrazione dell’Iva, né alla deduzione dei relativi costi;
  • è lo stesso codice della strada che, all’articolo 82, sanziona un uso diverso del veicolo in questione da quello indicato sulla carta di circolazione con una sanzione amministrativa pecuniaria e con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della carta di circolazione.

Di fronte al fenomeno delle immatricolazioni “uso ufficio”, la Direzione generale per i trasporti terrestri ha emanato la nota n. 2826 del 15.07.2002 nella quale, dopo aver effettuato il richiamo al contenuto della Direttiva n. 98/14, aveva ribadito che a partire dal 1° ottobre 1998 era possibile omologare autoveicoli soltanto nelle categorie M ed N, relative rispettivamente ad autoveicoli per trasporto di persone e di merci. Inoltre nella medesima nota si precisava che le autovetture “uso ufficio” potevano rientrare solo nella categoria N (per trasporto di merci).

Ciò significa che per poter legittimamente omologare una comune autovettura come autoveicolo “uso ufficio” si rendeva necessario attuare due fasi consistenti:

  • la prima, nel passaggio dalla categoria M alla N del veicolo;
  • la seconda, nell’allestimento dello stesso ad “uso ufficio”.

Successivamente, in data 10 dicembre 2002, è stato emanato un Decreto dirigenziale che ha precisato le caratteristiche generali e gli accessori che debbono essere installati sulle autovetture affinché il loro utilizzo possa essere considerato “uso ufficio”. In particolare:

  • gli autoveicoli debbono essere dotati di non più di due posti escluso il conducente, posizionati su un’unica fila di sedili, non essendo ammesso il trasporto di persone nell’ambiente destinato all’ufficio;
  • i veicoli debbono inoltre essere dotati:
    • di almeno una porta posizionata sulla fiancata destra o nella parte posteriore (ad esclusione delle porte di accesso alla cabina, per autoveicoli), nonché di almeno una finestra apribile posizionata su una fiancata o sulla parte posteriore del veicolo Il vano porta deve avere una grandezza minima di 500 mm; il vano finestra deve avere una superficie non inferiore a 0.40 mq;
    • di attrezzature e di arredi permanentemente installati nell’ambiente destinato ad ufficio, funzionali con la destinazione del veicolo;
    • di un’altezza interna dell’ambiente destinato ad ufficio non inferiore a 1.800 mm.

Con riferimento alle parti accessorie:

  • l’impianto elettrico, asservito alle apparecchiature posizionate nell’ambiente destinato ad uso ufficio, deve essere realizzato con adeguate protezioni e deve essere certificato dall’allestitore ai sensi del D.Lgs. 626/1994;
  • i materiali di rivestimento presenti nell’ambiente destinato ad ufficio devono essere ignifughi o autoestinguenti e devono essere certificati da apposita dichiarazione rilasciata dall’allestitore;
  • i veicoli debbono essere muniti di estintore.

In considerazione delle caratteristiche sopra esaminate, appare evidente che allo stato dell’attuale normativa le “normali” autovetture difficilmente potranno essere omologate per “uso ufficio” e quindi, si pone fine, per il momento, ad ogni problematica di natura fiscale. Con le caratteristiche sopra evidenziate, infatti l’autovettura ad uso ufficio non può essere una semplice auto adattata con qualche accorgimento, ma si profila essere un vero e proprio ufficio mobile.

Infine va ricordato che sulla questione, con considerazioni analoghe alla recente Ordinanza, la Corte di Cassazione era già intervenuta nel marzo 2013 con l’ordinanza n. 7896, contestando adattamenti ritenuti non permanenti, o comunque facilmente rimuovibili dopo l’omologazione. Secondo i giudici di legittimità, infatti, nessuna agevolazione può essere riconosciuta al contribuente circa la deduzione dei costi di ammortamento e di gestione, come pure la detrazione dell’Iva concernente l’acquisto di un’autovettura e le relative spese di funzionamento, a destinazione d’uso “speciale ufficio“, per l’autovettura immatricolata con l’indicazione dell’uso speciale, se questa non abbia subito la necessaria trasformazione permanente con l’attrezzatura occorrente per tale destinazione, non importando alcunché neppure l’inerenza del mezzo, né l’eventuale buona fede dell’acquirente. In altre parole, il veicolo deve essere inteso, ai fini fiscali, come “normale” autovettura, risultando quindi operative le ordinarie limitazioni previste tanto ai fini Iva quanto a fini dei redditi.