/ Reddito di cittadinanza e quota 100: le novità del Senato
Pubblicato il 26 Febbraio 2019 in Lavoro e previdenza
Avviato in Aula al Senato l’esame del disegno di legge di conversione del D.L. n. 4 del 2019, in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. Il testo, dopo il passaggio in Commissione Lavoro, appare innovato soprattutto per quanto riguarda il reddito di cittadinanza. E’ stata ridefinita, infatti, la nozione di “familiare” e sono stati introdotti nuovi adempimenti per i cittadini extra-UE che volessero richiedere il reddito di cittadinanza. Inoltre, per valutare la congruità dell’offerta di occupazione con riferimento alla distanza del luogo di lavoro, si dovrà tenere conto della presenza di figli minori. Non mancano le novità anche per quota 100: quali sono? In attesa delle ulteriori modifiche che saranno apportate nel passaggio a Montecitorio, il decreto legge n. 4 del 2019 su quota 100 e reddito di cittadinanza dovrebbe subire già importanti revisioni qualora, nella discussione a Palazzo Madama, trovassero approvazione tutti gli emendamenti approvati in Commissione Lavoro, soprattutto per quel che riguarda il reddito di cittadinanza. Consulta i dossier: – Quota 100 e pensioni 2019 – Reddito di cittadinanza
Reddito di cittadinanza
In Commissione Lavoro del Senato sono stati approvati alcuni emendamenti che, modificando il testo dell’art. 2, vanno a chiarire meglio il concetto di familiare e puntano ad introdurre ulteriori adempimenti per i cittadini di Stati extra-UE che volessero richiedere il RdC. Leggi anche HYPERLINK “http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2019/02/20/reddito-cittadinanza-regole-rigide-accesso” – Reddito di cittadinanza: regole più rigide per l’accesso – Reddito di cittadinanza: quando l’offerta di lavoro è congrua Così, si chiarisce che nella nozione di familiare rientrano (art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 302/2007): – il coniuge; – il partner che abbia contratto con il cittadino dell’UE un’unione registrata in base alla legislazione di uno Stato membro, se la legislazione dello Stato membro ospitante equipara l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; – i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner; – gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner. Ben più importante è l’emendamento che propone di inserire il comma 1-bis con cui specificare che i cittadini di Stati extra-UE dovranno produrre, per conseguire il RdC, una certificazione, rilasciata dall’autorità dello Stato estero, sui requisiti reddituali, patrimoniali e del nucleo familiare che dovrà essere tradotta in italiano e legalizzata dall’autorità consolare italiana per attestarne la conformità all’originale. Lo stesso emendamento propone l’introduzione del comma 1-ter che esclude dall’obbligo di certificazione i rifugiati politici, i casi in cui le convenzioni internazionali dispongano diversamente e i soggetti nei cui Paesi sia impossibile acquisire le certificazioni (viene demandato ad un D.M. l’elenco di tali Paesi). Per quanto riguarda, l’esclusione, prevista dal comma 3 dell’art. 2, dei nuclei familiari con un componente disoccupato per dimissioni volontarie (tranne che per giusta causa) per i 12 mesi successivi a tale evento, l’emendamento approvato dalla Commissione Lavoro propone di limitare l’esclusione al solo componente disoccupato. Infine, per contrastare i cosiddetti “furbetti del divorzio”, si propone che, in caso di divorzio o separazione successivi al 1.09.2018, il cambio di residenza vada certificato da un verbale ad hoc della polizia locale. Proposte di cui si è molto parlato negli ultimi giorni sono quelle relative all’art. 4 e, nello specifico, alla congruità delle offerte di lavoro che i beneficiari di RdC dovranno accettare. In particolare, si propone che per valutare la congruità della distanza rilevi la presenza di figli minori, oltre che quella già prevista di componenti disabili. In caso di presenza di questi ultimi, si propone che un’offerta sia congrua solo entro i 100 km dalla residenza, non solo in caso di prima richiesta, anche se andrà chiarito se, in analogia alla lettera a) del comma 8, varrà anche l’ipotesi di un luogo di lavoro raggiungibile entro 100 minuti con mezzi pubblici. In caso di presenza di figli minori, anche con genitori separati legalmente, si propone che la terza offerta sia congrua solo se entro 250 km dalla residenza, nei primi 24 mesi di fruizione del RdC. Sempre relativamente alla congruità dell’offerta, gli emendamenti approvati dalla Commissione propongono che debbano ricorrere, contestualmente, alcuni requisiti: – rapporto a tempo indeterminato o determinato o di somministrazione non inferiore a 3 mesi; – tempo pieno o orario non inferiore all’80% di quello dell’ultimo contratto di lavoro; – retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi e superiore (al netto dei contributi a carico del lavoratore) al 20% del trattamento di disoccupazione percepito. Relativamente alla retribuzione, è al vaglio del Senato anche un emendamento che propone di introdurre il comma 9-bis con cui comprendere nella retribuzione minima anche il 10% della misura massima del beneficio fruibile dal singolo individuo. In sostanza, partendo dal fatto che ad un single disoccupato spettano 780 euro di RdC, a questi andranno sommati 78 euro (10% di 780) per ottenere la retribuzione minima affinchè un’offerta sia congrua, vale a dire 858 euro. Infine, si propone l’introduzione di ulteriori due commi, 15-bis e 15-ter, con cui prevedere che le competenze acquisite dai beneficiari in ambito formale, non formale e informale siano registrate sulle piattaforme SIUPL e SIUSS da Centri per l’Impiego, agenzie per il lavoro e enti di formazione. Per quanto riguarda, poi, i casi di sanzione (art. 7) si propone che anche il beneficiario di RdC che venisse trovato a svolgere attività di co.co.co, e non più solamente di lavoro dipendente, in mancanza delle comunicazioni obbligatorie, decada dal beneficio. Si propone anche di inserire il comma 15-bis per estendere la maggiorazione del 20% di alcune sanzioni amministrative pecuniarie in caso di lavoro subordinato di beneficiari del RdC senza la comunicazione di instaurazione del rapporto. Il datore di lavoro che assume un beneficiario di RdC accedendo, quindi, agli incentivi, in caso di licenziamento ingiustificato del soggetto, dovrà restituire l’incentivo fruito maggiorato delle sanzioni amministrative previste. Si propone di porre un limite temporale a questa fattispecie pari a 36 mesi dall’assunzione, sia essa diretta sia o a seguito di percorsi formativi presso enti di formazione accreditati. Inoltre, si vorrebbe subordinare la fruizione degli incentivi al possesso del DURC prevedendo anche l’esclusione per i datori non in regola con gli obblighi di assunzione di categorie protette (legge n. 69/1999) ad eccezione del caso in cui l’assunzione riguardi un beneficiario di RdC appartenente alle suddette categorie. I piani di formazione o di riqualificazione professionale previsti dal Patto di formazione (art. 8, co. 2) potrebbero essere finanziati da fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, in tutto o in parte. Questo è quanto previsto dalla proposta di introduzione dell’art. 11-bis che integra l’art. 118, comma 1, L. n. 388/2000. Si propone anche di includere tra le finalità dei fondi, la promozione dei percorsi formativi o di riqualificazione professionale per disoccupati o inoccupati. Infine, tra le disposizioni finanziarie per l’attuazione del RdC (art. 12) si vorrebbe includere, al nuovo comma 7-bis, un’autorizzazione di spesa in favore di INAIL per assumere personale a tempo indeterminato tramite concorso pubblico.
Quota 100
Passando agli emendamenti alla riforma pensionistica, la Commissione ha approvato la proposta di inserimento del comma 7-bis all’art. 14 con cui prevedere, per garantire l’attività didattica, che nel primo concorso pubblico per docenti nella scuola secondaria, le graduatorie di merito siano predisposte attribuendo ai titoli posseduti un punteggio fino al 40% di quello complessivo e al servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione un punteggio fino al 50% di quello attribuibile ai titoli. Si propone, poi, l’introduzione dell’art. 18-bis con cui sospendere il pagamento dei trattamenti previdenziali per soggetti condannati che si siano sottratti all’esecuzione della pena nonché per gli evasi o latitanti. Le risorse recuperate verrebbero destinate al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura nonché agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. L’eventuale diritto al ripristino della prestazione decorre dalla data della domanda e della documentazione a corredo della stessa e non ha effetto retroattivo sugli importi maturati durante il periodo di sospensione. Una delle ultime proposte riguarda il Trattamento di Fine Servizio dei dipendenti pubblici che usufruiscano di Quota 100 per i quali è prevista la possibilità di richiedere un finanziamento di importo massimo pari a 30.000 euro, fermo restando l’importo minore in caso di TFS inferiore. Si propone, quindi, di elevare questo limite a 45.000. Sempre in merito al TFS, si propone un nuovo comma 2-bis all’art. 24 con cui permettere ai dipendenti di enti e amministrazioni pubbliche che mantengano il TFS presso il proprio bilancio di vedersi erogare il TFS entro 90 giorni dalla data di cessazione. Infine, andrà vagliata dal Senato la proposta di introduzione del nuovo articolo 25-bis con cui applicare, in via transitoria, la disciplina prevista dai singoli ordinamenti degli enti ai giornalisti in servizio presso gli uffici stampa delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, fino a quando, in sede di contrattazione collettiva, tali enti non definiscano una specifica disciplina in materia.