/ Pensioni: come saranno rivalutate nel 2020
Pubblicato il 28 Novembre 2019 in Lavoro e previdenza
Il Ministero del Lavoro, con il Ministero dell’Economia, ha emanato il decreto 15 novembre 2019, che fissa “in via previsionale” la variazione percentuale che dovrà essere applicata ai trattamenti pensionistici mensili del 2020. Il provvedimento stabilisce, in particolare, un tasso di rivalutazione per il 2019 dell’1,1 per cento pari alla variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati e, per il 2020, dello 0,4 per cento. Tale valore sarà poi sostituito, al termine dell’anno, da un indice di variazione definitiva, sulla base del quale sarà effettuato un conguaglio che appiani le eventuali divergenze tra la stima iniziale e il valore poi effettivamente riscontrato.
È in definizione il complesso mosaico previdenziale sia con i tasselli recati dal disegno di legge di Bilancio 2020 (proroga opzione donna e APE sociale) che con la emanazione dei diversi decreti previsti sui diversi profili dal nostro ordinamento.
Pochi giorni fa è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.M. 5 novembre 2019, con cui il Ministero dell’Economia e delle finanze blocca l’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici con decorrenza dal 1° gennaio 2021.
Proseguendo lungo la via degli automatismi dovrebbe essere poi pubblicato, con tempistica non ancora definita, il decreto che fisserà i nuovi coefficienti di trasformazione nel metodo di calcolo contribuivo dal 2021.
Come deadline è stato pubblicato nella G.U. n. 278 del 27 novembre 2019 il decreto 15 novembre 2019 predisposto dal Ministero del Lavoro insieme con il Ministero dell’Economia che fissa “in via previsionale” la variazione percentuale che dovrà essere applicata ai trattamenti pensionistici mensili dell’anno successivo.
Tale valore sarà poi sostituito, al termine dell’anno stesso, da un indice di variazione definitiva, sulla base del quale sarà effettuato un conguaglio che appiani le eventuali divergenze tra la stima iniziale e il valore poi effettivamente riscontrato.
Adeguamenti automatici
Va ricordato come l’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa, assieme alla Finlandia e al Portogallo, in cui sono vigenti sia l’automatismo dell’innalzamento dell’età pensionabile in relazione all’incremento della speranza di vita che quello della revisione periodica dei coefficienti di trasformazione.
Con riferimento al primo aspetto con il decreto dello scorso 5 novembre si è operato il quarto adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di pensionamento dopo i precedenti avvenuti nel 2013, nel 2016 e nel 2018 che hanno fatto registrare incrementi rispettivamente pari a tre, quattro e cinque mesi.
Per la prima volta dal suo debutto il meccanismo non farà registrare alcun incremento nel biennio 2021-2022. Ciò in quanto la variazione della speranza di vita all’età di 65 anni e relativa alla media della popolazione residente in Italia corrispondente alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2017 e 2018 e il valore registrato nell’anno 2016 è stato praticamente nullo (per l’esattezza c’è stato un incremento di 0,021 decimi di anno che arrotondato corrisponde però ad una variazione pari a zero).
Va ricordato come in base a quanto stabilito dalla legge di Bilancio per il 2018 per l’adeguamento dell’età pensionabile agli incrementi della speranza di vita si fa ora riferimento alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente, gli adeguamenti (a decorrere da quello operante dal 2021) non possono essere superiori a 3 mesi (con recupero dell’eventuale misura eccedente in occasione dell’adeguamento o degli adeguamenti successivi) ed eventuali variazioni negative devono essere recuperate in occasione degli adeguamenti successivi (mediante compensazione con gli incrementi che deriverebbero da tali adeguamenti).
Alla luce di quanto rilevato allora per la pensione di vecchiaia sino al 2022 occorrerà avere il requisito anagrafico di 67 anni e quello contributivo di 20 anni. Per i contributivi puri viene convalidato sino al 2022 il canale di uscita a 64 anni unitamente a 20 anni di contribuzione effettiva (a condizione che il rateo pensionistico non risulti inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale) e quello a 71 anni unitamente a 5 anni di contribuzione effettiva.
Va ricordato poi come con riferimento alla pensione anticipata fosse stato già sterilizzato l’incremento dei requisiti fino al 2026 per cui si potrà accedere a tale canale con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne.
Si attende poi il quinto adeguamento dei coefficienti di trasformazione del metodo di calcolo contributivo; la prima revisione è avvenuta nel 2010, poi nel 2013, nel 2016 e nel 2018 che ha avuto effetto per quei lavoratori la cui decorrenza della pensione è compresa tra il 1° gennaio 2019 ed il 31 dicembre 2020.
Perequazione
Andando poi alla prossima rivalutazione il decreto predisposto dal Ministero del Lavoro con il Ministero dell’Economia stabilisce un tasso di rivalutazione dell’1,1 per cento nel 2019 pari alla variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi, il Foi (0,6 per cento per l’indice generale e +0,5 per cento per la componente di fondo). Per il 2020 la rivalutazione dovrebbe essere dello 0,4 per cento.
Va ricordato come, rispetto all’attuale scaglionamento previsto dalla precedente Manovra finanziaria per il triennio in corso, strutturato su sette fasce con rivalutazione piena solo per le pensioni fino a tre volte il minimo, nel disegno di legge di Bilancio per il 2020 si articola per il biennio 2020-2021 un nuovo meccanismo con sei differenti aliquote, che partiranno dal 100 per cento per i redditi fino a 4 volte il trattamento minimo (pari a 513 euro), cioè quelli che arrivano a 2.052 euro.
A decorrere dal 2022 si prevede invece, l’applicazione di una nuova disciplina a regime in materia di perequazione, facendo riferimento a singole fasce di importo dei trattamenti, anziché all’importo complessivo.
In particolare, le nuove norme prevedono l’applicazione della perequazione nella misura del 100 per cento per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 4 volte il minimo INPS, nella misura del 90 per cento per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo e nella misura del 75 per cento per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo.
Va infine ricordato è stato poi comunicato dall’ISTAT il valore del tasso annuo di capitalizzazione ai fini della rivalutazione dei montanti contributivi relativamente all’anno 2019. Il tasso è composto dalla variazione del prodotto interno lordo nominale, riferito ai cinque anni precedenti, che è pari a 0,018254 cui va aggiunto il coefficiente di rivalutazione che è pari a 1,018254.